Archivi categoria: Gruppo medie

Don Daniele 40 anni di sacerdozio

Don Daniele Grassi, quarant’anni di sacerdozio vissuti tra oratorio e come cappellano di ospedale

Nato a Seregno il 3 gennaio 1955, don Daniele,  dopo la scuola dell’obbligo ha conseguito la maturità classica al liceo Zucchi di Monza e in seguito si è laureato in lettere classiche.  Il 24 settembre 1979 è entrato in seminario a Saronno per frequentare i primi due anni di teologia. Poi  nel 1981  è passato alla sede principale di Venegono Inferiore dove ha completato gli studi facendo anche un anno di tirocinio pastorale a Figino Serenza.  E’  stato ordinato dapprima diacono, nel dicembre 1984, poi sacerdote l’8 giugno 1985.

Come è nata la sua vocazione?

“Sono entrato in seminario perché, mentre concludevo l’università, mi accorgevo che non mi attirava molto l’idea di diventare insegnante, ma ero  molto più preso  dall’impegno all’oratorio san Rocco e nell’Azione Cattolica Ragazzi. Così ne parlai con i sacerdoti a cui facevo riferimento  e mi incoraggiarono a coltivare quest’idea, prendendo contatto con i superiori del seminario, in particolare con don Renato Corti (poi diventato vicario generale del cardinal Carlo Maria Martini e in seguito vescovo di Novara)”.

Quali sono state le tappe del suo cammino pastorale?

“Nel 1985, prete novello, fui destinato come insegnante al seminario minore di Merate (Lecco), frequentato dai ragazzi delle medie, mente il sabato e la domenica aiutavo la parrocchia di San Zeno a Olgiate Molgora. E’ stata un’esperienza molto breve, perché nel 1988, il seminario è stato chiuso per la scarsità dei ragazzi.  Mi sono dunque spostato di pochi chilometri e sono approdato nel settembre 1988 all’oratorio di Brivio, dove era parroco un seregnese, don Carlo Mariani originario di Santa Valeria; sono stati anni intensi, con diverse esperienze, ma mi accorgevo che forse non avevo più lo slancio adatto per stare con i ragazzi e i giovani, così concordai con i superiori che era meglio cambiare incarico.
Nel novembre 1997 giunsi così all’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano: la mia prima esperienza come cappellano ospedaliero. E’ stato molto arricchente vivere in un luogo di cura in mezzo alla città, avendo come parroco l’arcivescovo di Milano e incontrando competenza e passione nel personale sanitario. Sono stato lì fino al settembre 2007, completando così 10 anni di permanenza.
Nell’ottobre 2007 poi sono stato mandato a Casorate Primo, un paese in mezzo alle campagne tra Milano e Pavia, abitavo all’oratorio, dove ben presto sono stato raggiunto da un diacono che nel 2009 divenne sacerdote, quindi potevo dedicarmi anche al piccolo ospedale locale. L’esperienza di Casorate è durata soltanto cinque anni; si preparava un nuovo cambiamento.
Il 1° settembre 2012 (la data è precisa perché in quei giorni era morto il cardinal Martini) sono approdato a san Donato Milanese, dove mi è stata assegnata l’abitazione in oratorio, ma anche l’incarico di cappellano del Policlinico san Donato, una grande struttura specializzata soprattutto nella cura del cuore. Ho vissuto e sto ancora vivendo, perchè questi sono ancora gli incarichi, l’equilibrio non sempre facile tra vita oratoriana e visita ai malati in ospedale”.

Come ha vissuto l’esperienza accanto ai malati?

“E’ sempre un’esperienza molto ricca: si incontrano le persone in un momento delicato della loro vita, quando sono anche disponibili ad aprire il cuore, qui a san Donato è meno facile, perché ci sono tanti malati e poco tempo per visitarli, però si cerca di far tesoro dei pochi momenti in cui si riesce a stare insieme. Così è bello essere salutati e riconosciuti da persone che sono state ricoverate molto tempo prima.”

Quarant’anni di sacerdozio: quali ricordi porta nel suo cuore?

“I momenti significativi di questi quarant’anni sono stati soprattutto l’ordinazione, sia diaconale, sia presbiterale, le occasioni di incontro festoso con la gente, nelle feste, negli anniversari e in altre circostanze, poi i colloqui con persone che per un po’ erano sembrate estranee, poi si sono rivelate sensibili e desiderose di buone parole”.

Cosa direbbe a  un giovane in cerca di dare un senso alla propria vita’?

“A un giovane che cerca di dare un senso alla propria vita ricorderei la frase di Gesù. “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” e l’altra dell’ormai quasi santo Carlo Acutis. ‘Tutti nasciamo originali, non dobbiamo diventare fotocopie’”.

Intervista a cura di: PATRIZIA DELL’ORTO

Settimana Santa

Dagli scritti di Maria Valtorta
“Un’opera che commuove, divide, converte”.
Ma chi ha davvero letto con attenzione “L’Evangelo come mi è stato rivelato”?
Fonte: https://www.scrittivaltorta.altervista.org/per_volume.htm

Volume Capitolo Argomento
IX 591 La sera al Getsemani. Gli apostoli richiamati alla realtà dopo l’ebbrezza del trionfo.
IX 592 Lunedì santo. Conforto alla madre di Annalia e incontro con il milite Vitale. Il fico sterile e la parabola dei vignaioli perfidi. Le domande sull’autorità di Gesù e sul battesimo di Giovanni. Mt 21,18-19.23-27.33-46; Me 11,1214.27-33; 12, 1-12; Lc 20, 1-19
IX 593 Lunedì notte al Getsemani con gli apostoli.
IX 594 Martedì santo. Lezioni dal fico seccato. I quesiti sul tributo a Cesare e sulla risurrezione. Mt 21,20-22; 22,15-33; Mc 11, 20-26; 12, 13-27; Lc 20, 20-40
IX 595 Martedì notte al Getsemani con gli apostoli.
IX 596 Mercoledì santo. Il maggiore dei comandamenti, l’obolo della vedova, l’invettiva contro scribi e farisei. Pausa di riposo con la Madre e le discepole. L’edificazione della Chiesa e i tempi ultimi. Mt 22, 34-46; 23, 1-39; 24, 1-51; 25, 31-46; Mc 12, 28-44; 13, 1-37; Lc 17, 26-37; 20, 41-47; 21, 1-38
IX 597 Mercoledì notte al Getsemani con gli apostoli.
IX 598 Giovedì santo. Preparativi per la Cena pasquale. La voce del Padre. Il segno convenuto con il Traditore. L’ossequio di persone ragguardevoli. Mt 26,17-19; Mc 14, 12-16; Lc 22, 7-13; Gv 12, 20-50
IX 599 L’arrivo al Cenacolo e l’addio di Gesù alla Madre.
IX 600 L’ultima Cena pasquale. Mt 26, 20-35; Mc 14, 17-31; Lc 22, 14-38; Gv 13-17
IX 601 Introduzione.
IX 602 Verso il Getsemani con undici apostoli. L’agonia spirituale e la cattura. Mt 26, 36-56; Mc 14, 32-52; Lc 22, 39-53; Gv 18, 1-11
IX 603 Riflessioni sull’agonia nel Getsemani e premessa agli altri dolori della Passione.
IX 604 I processi e il rinnegamento di Pietro. Considerazioni su Pilato. Mt 26, 57-75; 27, 1-2.11-31; Mc 14, 53-72; 15, 1-20; Lc 22, 54-71; 23, 1-25; Gv 18, 12-40; 19, 1-16
IX 605 Disperazione e suicidio di Giuda Iscariota. Avrebbe ancora potuto salvarsi se si fosse pentito. Mt 27,3-10
IX 606 Gesù e Maria sono l’antitesi di Adamo ed Eva. Giuda Iscariota è il nuovo Caino. La vera evoluzione dell’uomo è quella del suo spirito.
IX 607 Giovanni va a prendere la Madre.
IX 608 La via dolorosa dal Pretorio al Calvario. Mt 27, 32; Mc 15, 21; Lc 23, 26-32
IX 609 La crocifissione, la morte e la deposizione dalla croce. Mt 27, 33-58; Mc 15, 22-45; Lc 23, 33-52; Gv 19, 17-39
IX 610 Angoscia di Maria al Sepolcro e unzione del Corpo di Gesù. Mt 27, 59-61; Mc 15, 46-47; Lc 23, 53-55; Gv 19, 40-42
IX 611 La chiusura del Sepolcro e il ritorno al Cenacolo.
IX 612 La notte del Venerdì Santo. Lamento della Vergine. Il velo di Niche e la preparazione degli unguenti. Lc 23,56
IX 613 Riflessioni sulla Passione di Gesù e di Maria e sulla Con-passione di Giovanni.
IX 614 Il giorno del Sabato Santo.
IX 615 La notte del Sabato Santo.
X 616 Il mattino della Risurrezione. Preghiera di Maria.
X 617 La Risurrezione.
X 618 Gesù risorto appare alla Madre.
X 619 Le pie donne al Sepolcro. Mt 28, 1-1i5; Mc 16, 1-11; Lc 24,1-12; Gv 20,1-18
X 620 Considerazioni sulla Risurrezione.

Natale insieme

Ti aspettiamo il 15 dicembre in Oratorio per festeggiare insieme l’arrivo del Natale.

 

Di seguito puoi anche leggere un racconto di Giovannino Guareschi che ci può aiutare a comprendere meglio il vero sgnificato del Natale

Era oramai Natale e bisognava tirar fuori d’urgenza dalla casetta le statuette del Presepe, ripulirle, ritoccarle col colore, riparare le ammaccature. Ed era già tardi, ma don Camillo stava ancora lavorando in canonica. Sentì bussare alla finestra e, poco dopo, andò ad aprire perché si trattava di Peppone.
Peppone si sedette mentre don Camillo riprendeva le sue faccende e tutt’e due tacquero per un bel po’.
Don Camillo prese a ritoccare con la biacca la barba di San Giuseppe. Poi passò a ritoccargli la veste.
“Ne avete ancora per molto?” si informò Peppone con ira.
“Se mi dai una mano in poco si finisce”.
Peppone era meccanico e aveva mani grandi come badili e dita enormi che facevano fatica a piegarsi. Però, quando uno aveva un cronometro da accomodare, bisognava che andasse da Peppone. Perché, è così, sono proprio gli uomini grossi che son fatti per le cose piccolissime.
Filettava la carrozzeria delle macchine e i raggi delle ruote dei carretti come uno del mestiere.
“Figuratevi! Adesso mi metto a pitturare i santi!” borbottò.
“Non mi avete preso mica per il sagrestano!”
Don Camillo pescò in fondo alla cassetta e tirò su un affarino rosa, grosso quanto un passerotto, ed era proprio il Bambinello.
Peppone si trovò in mano la sua statuetta senza sapere come
e allora prese un pennellino e cominciò a lavorare di fino.

Lui di qua e don Camillo di là dalla tavola, senza vedersi in faccia perché c’era, fra loro, il barbaglio della lucerna.
“Non ci si può fidare di nessuno, se uno vuol dire qualcosa.
Non mi fido neppure di me stesso” disse Peppone.
Don Camillo era assorbitissimo dal suo lavoro: c’era da rifare tutto il viso della Madonna. Roba fine.
“E di me ti fidi?, chiese don Camillo con indifferenza.
“Non lo so”
.
“Prova a dirmi qualcosa, così vedi”.
Peppone finì gli occhi del Bambinello: la cosa più difficile.
Poi rinfrescò il rosso delle piccole labbra.
“Hai paura?”
“Mai avuto paura al mondo!”
“Io sì, Peppone. Qualche volta ho paura”
Peppone intinse il pennello.
“Be’, qualche volta anch’io” disse Peppone. E appena si sentì
.
Don Camillo sospirò anche lui.
Ora Peppone aveva finito il viso del Bambinello e stava ripassando il rosa del corpo.
Oramai il Bambinello era finito e, fresco di colore e così rosa e chiaro, pareva che brillasse in mezzo alla enorme mano scura di Peppone.
Peppone lo guardò e gli parve di sentir sulla palma il tepore di quel piccolo corpo.
Depose con delicatezza il Bambinello rosa sulla tavola e don Camillo gli mise accanto la Madonna.
“ Il mio bambino sta imparando la poesia di Natale” annunciò con fierezza Peppone
. “Sento che tutte le sere sua madre gliela ripassa prima che si addormenti. È un fenomeno”.
“Lo so” ammise don Camillo. “Anche la poesia per il Vescovo l’aveva imparata a meraviglia”.
Peppone si irrigidì
.
“Quella è stata una delle vostre più grosse mascalzonate!” esclamò. “Quella me la dovete pagare”.
“A pagare e a morire si fa sempre a tempo” ribatté don Camillo.
Poi, vicino alla Madonna curva sul Bambinello, pose la statuetta del somarello.
“Questo è il figlio di Peppone, questa è la moglie di Peppone e questo è Peppone” disse don Camillo toccando per ultimo il somarello.
“E questo è don Camillo!” esclamò Peppone prendendo la statuetta del bue e ponendola vicino al gruppo.
“Bah! Fra bestie ci si comprende sempre” concluse don Camillo.
Uscendo, Peppone si ritrovò nella cupa notte padana, ma oramai era tranquillissimo perché sentiva ancora nel cavo della mano il tepore del Bambinello rosa. Poi udì risuonarsi all’orecchio le parole della poesia che ormai sapeva a memoria. “Quando, la sera della Vigilia, me la dirà, sarà una cosa magnifica!“ si rallegrò.
Il fiume scorreva placido e lento, lì a due passi, sotto l’argine, ed era anche lui una poesia cominciata quando era cominciato il mondo e che ancora continuava. E per arrotondare e levigare il più piccolo dei miliardi di sassi in fondo all’acqua, c’eran voluti mille anni.
E soltanto fra venti generazioni l’acqua avrà levigato un nuovo sassetto.
E fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l’ora su macchine a razzo super atomico e per far cosa? Per arrivare in fondo all’anno e rimanere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che, una di queste sere, il compagno Peppone ha pitturato col pennellino.

Giovannino Guareschi

Restiamo a disposizione se la presenza di questi racconto sul sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritti d’aitore.

Festa di Ognissanti 1° Novembre (NO Halloween)

Il 1° novembre è dedicato alla festa cristiana di Ognissanti, dove si ricordano e vengono onorati tutti i Santi.
Per i cristiani si tratta di una festa di precetto, ovvero un momento in cui i credenti sono tenuti a partecipare alla Messa, nel rispetto del terzo comandamento, che impone di santificare questi eventi.
In questa giornata si festeggiano i Santi, figure umane e mortali come tutti noi, che hanno dedicato la loro esistenza a Dio, distinguendosi tra il volgo.
Ognuno è chiamato ad imitare queste figure, che ci hanno dimostrato di poter anche noi diventare esempi di virtù.

Il giorno precededente 31 Ottobre è importante, non tanto per i festeggiamenti pagani di Halloween, ma per il ricordo di Padre Matteo D’Agnone che, come si suol dire, ha rovinato la festa al diavolo.